IL TRIBUNALE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  per reclamo
 iscritto al n. 129/1996 r.g. reclami,  vertente  tra  Gaetano  Arena,
 reclamante e l'azienda ospedaliera Garibaldi - S. Luigi - S. Curro' -
 Ascoli Tomaselli, reclamata.
                           Ritenuto in fatto
   Nell'ottobre  del  1995 l'Azienda reclamata bandiva un concorso per
 la selezione di infermieri professionali da  impiegarsi,  nell'ambito
 di  un  rapporto  convenzionato,  per  l'espletamento del servizio di
 interruzione  volontaria  della  gravidanza  di  cui  alla  legge  n.
 194/1978.
   Gaetano  Arena, partecipando alla selezione, si collocava utilmente
 in graduatoria, sicche' in data 3 giugno 1996 stipulava  la  relativa
 convenzione.
   La  necessita' di ricorrere a personale sanitario convenzionato per
 l'effettuazione del servizio dell'I.V.G.  nasceva  dalla  circostanza
 che  i dipendenti dell'ospedale avevano da sempre sollevato obiezione
 di coscienza  ex art. 9 legge n.  194/1978,  tanto  che  il  servizio
 stesso era stato assicurato, sin dalla sua istituzione, unicamente da
 personale esterno convenzionato.
   Gia'  dall'anno 1979 erano state all'uopo stipulate convenzioni per
 la durata di un anno, rinnovate alla scadenza per un eguale  periodo,
 fatta  eccezione  per  il  rapporto  dedotto  la  cui durata e' stata
 dall'azienda limitata a soli  tre  mesi,  nel  presupposto  di  esser
 tenuta  all'osservanza del disposto dell'art. 3 legge n. 537/1993 che
 al comma 23 vieta le assunzioni di personale a tempo determinato e la
 stipula di rapporti di lavoro autonomo "per prestazioni  superiori  a
 tre mesi".
   Il  ricorrente, che aveva appreso della ridotta durata del rapporto
 solo all'atto della stipula della convenzione, stante il  difetto  di
 qualsiasi  indicazione al riguardo nell'avviso pubblico di selezione,
 adiva in via di urgenza il pretore di Catania, in funzione di giudice
 del lavoro, affermando  l'illegittimita'  del  termine  apposto  alla
 convenzione,   per  non  essere  applicabile  in  ispecie  il  limite
 temporale introdotto dal cit. art. 3 legge n. 537/1993;  chiedeva  in
 conseguenza   che,  previa  disapplicazione  della  deliberazione  n.
 591/1995 illegittimamente adottata dall'Azienda in  violazione  delle
 leggi  n.  194/1978  e  n.    597/1993,  nonche'  dell'art.  97 della
 Costituzione, si  ordinasse  all'Azienda  medesima  di  mantenere  il
 rapporto  di  convenzione  in  questione,  oltre  l'incongruo termine
 finale fissato di 3 mesi.
   L'Azienda si  costituiva  ritualmente  in  giudizio,  eccependo  la
 nullita'  del  ricorso,  il  difetto  di giurisdizione dell'autorita'
 ordinaria e l'infondatezza del merito.
   Con ordinanza del 1 ottobre 1996 il pretore rigettava il ricorso  e
 compensava le spese tra le parti.
   Avverso  tale  ordinanza  Gaetano Arena ha proposto reclamo ex art.
 669-terdecies c.p.c., chiedendo,  in  principalita',  accogliersi  le
 domande  azionate  in  via  d'urgenza  ed,  in  subordine, sollevarsi
 "questione di illegittimita' costituzionale dell'art.  3,  comma  23,
 della  legge  24  dicembre  1993, n. 537, in relazione agli artt. 97,
 comma primo, e 32, comma primo,  della  Costituzione,  qualora  fosse
 interpretato  nel senso del divieto assoluto di stabilire rapporto di
 lavoro autonomo per periodi superiori a tre mesi  anche  quando  essi
 siano  previsti  da  leggi speciali o siano diretti all'esecuzione di
 prestazioni per fini pubblici dovuti a tempo indeterminato".
   Ricostituitosi   il   contraddittorio,   l'Azienda   reclamata   ha
 contestato  il  fondamento  del  reclamo,  chiedendone il rigetto; ha
 altresi' insistito nelle eccezioni  di  nullita'  del  ricorso  e  di
 difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
                         Considerato in diritto
   Va  anzitutto rigettata, conformemente alla decisione pretorile, la
 sollevata eccezione di difetto  di  giurisdizione,  atteso  che,  per
 consolidata   giurisprudenza   della   suprema   Corte,  il  rapporto
 convenzionato con personale sanitario esterno,  cosi'  com'e'  quello
 dedotto,   esula   dall'ambito  del  rapporto  di  pubblico  impiego,
 difettando il requisito della subordinazione,  e  si  configura  come
 rapporto  di  prestazione  d'opera  professionale,  sia  pure  con  i
 connotati della c.d. parasubordinazione di  cui  all'art.  409  n.  3
 c.p.c.;  ne consegue che le controversie relative a tale rapporto, da
 cui scaturiscono posizioni di diritto  soggettivo,  appartengono  per
 cio'  stesso  alla  giurisdizione  del giudice ordinario la quale non
 rimane esclusa, in favore  di  quella  di  legittimita'  del  giudice
 amministrativo,  neppure nel caso di controversia attinente alla fase
 anteriore all'instaurazione dell'indicato rapporto convenzionale, non
 configurandosi   come   esercizio   di   un   potere    autorizzativo
 discrezionale  gli  atti  deliberativi  posti  in essere in tale fase
 l'Azienda, che  pertanto  possono  essere  disapplicati  dal  giudice
 ordinario,  nel  rispetto  dei  noti  limiti interni legislativamente
 posti a tale giurisdizione.  (cfr. Cass. n. 2725 del 14  marzo  1991;
 Cass. sez. un. n. 3052 del 15 marzo 1993).
   Parimenti   infondata  va  ritenuta  l'eccezione  di  nullita'  del
 ricorso, atteso che e' agevole desumere con sufficiente certezza  dal
 tenore  complessivo  dell'atto,  l'oggetto  del  giudizio  di merito,
 specificato nell'accertamento dell'illegittimita' del  termine  breve
 di  tre  mesi  apposto alla convenzione, con conseguente richiesta di
 riconoscimento del diritto azionato alla continuazione  del  rapporto
 dedotto oltre il termine medesimo.
   Per quanto concerne il merito della controversia, ed in particolare
 la  sussistenza in concreto del fumus boni juris, ritiene il collegio
 che corretta interpretazione  (pure  fondata  sulla  chiara  lettera)
 della norma di cui all'art. 3 legge n. 537/1993 esclude l'assunto che
 l'Azienda  abbia  operato  illegittimamente allorche' decideva con la
 delibera n. 591/1995, di cui si e'  chiesta  la  disapplicazione,  di
 stipulare future convenzioni di durata limitata a tre mesi.
   Il  comma  n.  23  del  citato art. 3 legge n. 537/1993 invero, nel
 chiaro intento di perseguire un risparmio  ed  una  razionalizzazione
 della  spesa  pubblica,  impone  alle  pubbliche  amministrazione  il
 divieto generale "di assumere personale  a  tempo  determinato  e  di
 stabilire rapporti di lavoro autonomo per prestazioni superiori a tre
 mesi",   fatta  eccezione  per  i  casi  tassativamente  indicati  al
 successivo comma n. 24, tra cui palesemente non rientra l'ipotesi del
 personale sanitario convenzionato  con  le  aziende  ospedaliere  per
 l'espletamento del servizio di interruzione volontario di gravidanza.
   Ne' sembra possa ritenersi, contrariamente a quanto sostenuto dalla
 ricorrente,  speciale  la  legge  n. 194/1978 istitutiva del servizio
 stesso (che nel prevedere l'istituto dell'obiezione di coscienza,  ha
 stabilito che il servizio di I.V.G. va garantito "sempre" ed "in ogni
 caso",  in  tal  modo  autorizzando  l'impiego di personale sanitario
 esterno convenzionato, senza peraltro  fissare  limiti  di  tempo  da
 rispettarsi  nella stipula di tali convenzioni), nel senso che questa
 esclusa l'applicazione in  concreto  della  posteriore  e  prevalente
 norma  di  cui  all'art.  3  cit. della legge n. 537/1993. E comunque
 l'eventuale specialita' e' irrilevante ai fini che  qui  interessano,
 non   stabilendo  tale  legge  alcun  termine  per  la  durata  delle
 convenzioni.
   Ma  se  si  impone,  per  quanto  detto,  siffatta  interpretazione
 rigorosa della normativa in questione, pare in conseguenza essere non
 manifestamente  infondata  la  sollevata  questione di illegittimita'
 costituzionale dell'art. 3 commi 23 e 24 cit. legge n. 597/1993,  per
 contrasto  con  l'art. 97 e 32 della Costituzione, nella parte in cui
 comanda alle aziende ospedaliere il rispetto del  termine  finale  di
 tre  mesi, pure per la stipula di convenzioni con personale sanitario
 da  impiegarsi  per  l'espletamento  del  servizio  di   interruzione
 volontaria  della gravidanza, che per sua stessa essenza si pone come
 servizio  non  occasionale,  ne' transitorio, e richiede modalita' di
 esecuzione tali da escludere la possibilita' stessa dell'utilizzo  di
 sanitari esterni trimestrali.
   La  legge  istitutiva  n.  193/1978,  invero,  con  l'imporre  alle
 strutture sanitarie di garantire il servizio di  I.V.G.  "sempre"  ed
 "in  ogni  caso",  conferma  trattarsi  di  servizio istituzionale da
 assicurare   comunque   alla   collettivita'   senza   soluzione   di
 continuita',  oltre  che  con ben precise modalita' compiutamente ivi
 descritte.
   In particolare l'Azienda deve assicurare i  necessari  accertamenti
 sulla  donna  in  stato  di  gravidanza,  partecipando all'esecuzione
 immediata dell'intervento ove sussista l'urgenza, ovvero, in mancanza
 di urgenza, non appena trascorsi 7 giorni.
   Il ricorrente e' inoltre tenuta a praticare in equipe senza indugio
 l'intervento nei casi previsti dagli artt. 6 e 7 della  citata  legge
 n. 194/1978.
   E'  altresi'  corresponsabile  alla  cura ed all'assistenza diretta
 nell'eventuale degenza della paziente ed e' personalmente  tenuto  "a
 fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione
 delle nascite nonche' a renderla partecipe dei procedimenti abortivi"
 mentre  in presenza di processi patologici "deve fornire alla donna i
 ragguagli necessari alla prevenzione di tale processi". (art. 14).
   Trattasi, a tutta evidenza, di compiti complessi  ed  interconnessi
 che non si esauriscono in un solo atto medico o in un solo intervento
 operatorio,   ma   implicano   un'attivita'   articolata  costante  e
 continuativa, certamente non riducibile a tre mesi.
   Com'e' noto, per disposto dell'art. 97 della Costituzione  le  p.a.
 sono   tenute  a  perseguire,  secondo  criteri  di  razionalita'  ed
 efficienza, la cura delle finalita' pubbliche loro affidate.
   Siffatto obiettivo isulta palesemente non raggiungibile in concreto
 qualora il servizio di I.V.G., contrariamente a come e'  avvenuto  in
 passato,  fosse affidato a personale sanitario convenzionato operante
 per non oltre tre mesi.
   La brevissima durata della convenzione  porterebbe  alla  reiterata
 sostituzione  del personale medico, ostetrico ed infermieristico, con
 conseguente impossibilita' di costituzione di e'quipes  affiatate  ed
 integrate   necessarie  per  svolgere  compiutamente  l'attivita'  di
 informazione  ed  educazione  delle  donne  interessate   sui   mezzi
 indispensabili   per   conseguire   libere   scelte  in  ordine  alla
 procreazione responsabile.
   Di cio' ben consapevole la stessa Azienda  che  con  lettera  prot.
 7311 del 4 maggio 1995 ne rendeva edotto l'Assessorato regionale alla
 sanita', sollevando essa stessa il dubbio dell'inapplicabilita' della
 normativa in questione ai rapporti instaurati in forza della legge n.
 194/1978,  ed evidenziano che "la continua sostituzione del personale
 addetto al servizio in questione, quale conseguenza della  norma,  e,
 di   conseguenza  l'estrema  transitorieta'  dell'incarico  ricevuto,
 renderebbe impossibile  l'acquisizione  di  esperienze  adeguate,  la
 costituzione di un gruppo affiatato e soprattutto l'instaurarsi di un
 qualunque interesse al miglioramento del servizio stesso.
   Cio'  appare  ancora  piu'  grave  -  prosegue  l'Azienda  - ove si
 consideri la particolarita' del servizio reso a mente della legge  n.
 194/1978,    che   non   deve   limitarsi   soltanto   all'esecuzione
 dell'intervento di I.V.G., ma deve soprattutto instaurare un rapporto
 di  fiducia  con  le  utenti in modo da potere discutere le eventuali
 alternative  allo  stesso  intervento  di  I.V.G.,   consigliare   le
 modalita'  di  contraccezione piu' idoneee e costituire in definitiva
 un  sicuro  punto  di  riferimento  non  solo  dal  punto  di   vista
 professionale,  ma anche psicologico, vista la particolare situazione
 emotiva nella quale si trovano la  gran  parte  delle  donne  che  si
 rivolgono a questo tipo di servizio.
   Si  rappresentano altresi' - conclude l'Azienda - le difficolta' di
 carattere amministrativo  discendenti  dalla  bassissima  percentuale
 delle  istanze  che  pervengono  a  seguito  di avvisi pubblicati sui
 quotidiani (a volte piu' di cinque), che non permettono  un  ricambio
 continuo   degli   operatori,   cosi'   come   necessiterebbe   dalla
 applicazione a tale settore della legge n. 537/1993 citata".
   Il  legislatore,  in  conclusione,  fissando   il   limite   finale
 trimestrale  per la stipula delle convenzioni, pone per quanto detto,
 le strutture sanitarie in condizione di non potere  fornire  adeguato
 ed  efficiente  servizio in condizione di non potere fornire adeguato
 ed efficiente servizio di I.V.G., in violazione dei dettami dell'art.
 97,  comma  primo,  e  32,  comma  primo,  della  Costituzione,   con
 conseguente   pregiudizio   del  diritto  del  ricorrente,  da  tempo
 infermiere professionale incaricato di anno in anno, a proseguire nel
 rapporto convenzionato dedotto oltre l'incongruo termine di tre mesi.
   Ne' si puo' sostenere che l'applicazione della legge n. 537/1993 in
 ispecie  consente  il  perseguimento  di  fini  di  risparmio  e   di
 razionalizzazione della spesa pubblica.
   E'  invero  palese  che  non  si  ottiene nessuno di tali risultati
 attraverso  la  stipula  ogni  anno  di   ben   quattro   consecutive
 convenzioni  trmestrali,  in  luogo  dell'unica  necessaria, con piu'
 prestatori d'opera da impiegarsi per l'espletamento, senza  soluzione
 di  continuita',  di  un servizio istituzionale; si determina anzi un
 aggravio finanziario ed un ulteriore  intralcio  all'economicita'  ed
 alla  speditezza  dell'azione  amministrativa, dipendente dalla spesa
 connessa al continuo succedersi  ogni  3  mesi  di  concorsi,  bandi,
 graduatorie e convenzioni.
   Sembra pertanto non manifestamente infondata la sollevata questione
 di  illegittimita'  costituzionale,  oltre  che rilevante ai fini del
 decidere, atteso che sussiste  nella  fattispecie  concreta  pure  il
 requisito  del  periculum  in mora, laddove si pensi alla conseguente
 irreparabile perdita di professionalita' per la ricorrente durante il
 tempo occorrente  per  aversi  decisione  nel  merito,  nonche'  alla
 perdita  contesuale  per  la  medesima  dell'unica  fonte di reddito,
 necessario per il  soddisfacimento  degli  elementari  bisogni  della
 vita.